"quadro sulla peste a venezia"
Venezia,  Venezia luoghi sconosciuti

Peste Venezia

Per secoli l’andamento demografico veneziano venne influenzato dalla peste, che per alcuni secoli, a varie riprese, flagellò la città, e l’Europa. La Morte nera, come veniva comunemente chiamata in tutto i vecchio continente,

Secondo alcuni dati dai censimenti militari, nel 1200 i veneziani erano 80.000, nel 1300 si stimavano in almeno 160.000 unità, in tutta l’area lagunare. Di questi ben 120.000 nella città lagunare. Tali cifre sono impressionanti se solo pensiamo che nell’Europa occidentale medievale veniva considerata una grande città un centro con almeno 10.000 abitanti.

Venezia all’epoca doveva quindi le dimensioni di una vera metropoli europea. Nel 1330 Milano, Firenze, Napoli e Palermo avevano una popolazione pari a quella veneziana. Solo Parigi poteva avvicinarsi ai 100.000 abitanti. E fu nel 1348. quando Venezia e le più importanti città d’Europa avevano ormai superato le 100.000 unità, che la peste decimò la popolazione.

La Morte nera si presentava in due forme. Una era la forma “bubbonica”, che si manifestava sotto forma di bubboni, pustole e lividi neri, spesso sanguinolenti, su tutto il corpo. L’altra era la malattia polmonare, con sintomi della polmonite acuta, trasmessa con contagio da persona a persona.

La diversità tra le due forme non era ben chiara ai veneziani, quindi se la quarantena poteva impedire la diretta diffusione della forma polmonare, a nulla giovava contro la forma bubbonica.

A dirla tutta, l’infezione polmonare era sempre la conseguenza di un caso di peste bubbonica, quindi le due forme erano correlate. Ma tutto questo all’epoca non era risaputo.

La sua trasmissione avveniva tramite delle pulci infette dei topi ospiti delle navi. E fece precisamente arrivo dall’Oriente, grazie alle navi mercantili che senza volerlo, trasportavano numerosi di questi ratti con le pulci della peste.

Peste a Venezia

Caffa, città e porto della Crimea, frequentata da veneziani e genovesi. nel 1346 venne assediata dai mongoli. Questi, già decimati dalla peste, per piegare la resistenza degli assediati, pensarono di catapultare i loro morti infetti all’interno delle mura della città.

Fu così che nell’autunno del 1347 una galera veneziana salpata da Caffa portò in città i topi impestati. Nei diciotto mesi che seguirono morirono di peste i tre quinti dei veneziani, dati desunti dai censimenti del 1347-1349.

Dal 1348 seguirono tre secoli funestati dalla Morte nera. In quel periodo, vista la mancanza di conoscenza, si dava la colpa a scompensi nei fluidi corporei, o a una punizione divina. Ma in realtà, come abbiamo visto, la causa erano le pulci dei ratti ad essere le portatrici del virus, che poi attaccavano l’uomo alla ricerca di nuovo sangue.

Alle decimazioni seguivano notevoli riprese dell’andamento demografico. Nel 1500 il numero dei veneziani era più o meno lo stesso del ‘300: intorno ai 120.000. Nei settant’anni che seguirono, la popolazione urbana s’incrementò fino 190.000 abitanti, cifra che non venne mai più superata.

Grosse diminuzioni della popolazione della città, si registrarono a seguito delle due pestilenze del 1575-1577, che si portò via anche il grande Tiziano Vecellio, e del 1630-1631. Quest’ultima descritta anche da Alessandro Manzoni nel suo capolavoro “I promessi sposi”.

Medico della peste

Pare che in questa occasione, la gravità della pestilenza fosse stata in parte nascosta dal governo veneziano per evitare le possibili ripercussioni economiche. Ognuna di queste sterminò  di un terzo la comunità veneziana. Fu in quell’occasione che corpo l’usanza di medici e cittadini di circolare nelle città con delle caratteristiche maschere dal lungo “becco”. In esse erano inserite delle spugne imbevute d’aceto davanti alla bocca e al naso, per proteggere le vie respiratorie da eventuali esalazioni mefitiche.

"maschera dottore della peste"

Maschera del medico della peste

A ricordo della fine delle due epidemie si festeggiano ancora oggi due ricorrenze tradizionali veneziane. La terza domenica di Luglio ricorre la Festa del Redentore nell’omonima Chiesa alla Giudecca, costruita in segno di ringraziamento per la fine della peste del 1575)1577. Evento molto amato dai veneziani, i quali giungono in gran massa alla Giudecca, collegata per l’occasione con un ponte di barche tra l’isola e la riva delle Zattere.

La Festa della Madonna della Salute è anch’essa una festa religiosa legata al ricordo della fine della peste del 1630. La chiesa commemorativa è la bellissima Basilica della Salute. I veneziani accorrono numerosi al tempio votivo tramite un ponte di legno su barche che collega in quest’occasione le due rive del Canal Grande.

"chiesa del renentore vista frontale dal canale giudecca"

Dopo le suddette pestilenze, a Venezia non si registrarono più epidemie e la peste nera, fortunatamente, scomparve dall’Europa anche perché, con ogni probabilità, il ratto bruno si diffuse a spese del ratto nero o comune, diretto responsabile delle epidemie.

Tuttavia, la peste era pur sempre una minaccia per i porti marittimi, dove il ratto nero, che ospitava le pulci infette, continuava a rimanere tranquillamente. Nel 1720-21 si manifestò a Marsiglia l’ultima epidemia di peste bubbonica, che persistette nel Levante e nei Balcani.

Venezia, nella sua vulnerabile e delicatissima posizione di città di frontiera, adottò tutte le precauzioni possibili. Se l’andamento demografico veneziano risentì moltissimo delle epidemie, nondimeno brusche oscillazioni si registrarono in conseguenza di fenomeni migratori. Non appena in città si aveva notizia dell’epidemia, chi poteva scappava nelle campagne.

Popolazione e flusso migratorio a Venezia

Quando la peste si calmava, non solo rientravano i cittadini, ma vi immigrava gente nuova, che fuggiva da altre epidemie. Il Governo della Repubblica Veneziana vedeva con favore l’immigrazione, perché serviva a dare impulso all’attività commerciale ed industriale. Questo perché solo un terzo della popolazione del centro storico aveva meno di vent’anni. I tassi di mortalità, specialmente infantili, erano altissimi.

In campagna, invece, i minori di vent’anni erano la metà e proprio grazie ai “campagnoli” Venezia riusciva a ripopolarsi. Gli artigiani venivano attirati a Venezia da allettanti agevolazioni e ottenevano la cittadinanza in breve tempo.

I loro discendenti preferivano la vita di bottega, del mercante o dell’impiegato governativo. Conseguentemente, l’immigrazione, specie in coincidenza con le pestilenze, diede il suo contributo nel tramutare Venezia da città di marinai in città di artigiani.

Caffa e l’origine della peste a Venezia e in Europa

Nel 1343 la città di Caffa fu assediata dal khan Ganī Bek. Gli abitanti della vicina stazione di Tana ripiegarono su Caffa, che era protetta da due mura di cinta e beneficiava di un migliore approvvigionamento dal mare.

L’assedio durò due anni, al termine dei quali gli eserciti mongoli sono costretti a ritirarsi dopo essere stati decimati dalla peste nera. Prima di ritirarsi, Ganī Bek decise di gettare i cadaveri della peste oltre le mura della città. Questa strategia è nota come uno dei primi usi di un’arma batteriologica nella storia.

Colpiti a loro volta dall’epidemia, i genovesi furono costretti ad abbandonare la città dopo che l’assedio fu tolto dai mongoli. La dispersione dei mercanti italiani nel Mediterraneo, portò con sé i topi infestati dalle pulci, e fu la causa della seconda pandemia di peste in Europa.

Luoghi insoliti e segreti legati alla peste a Venezia

Esistono dei luoghi poco conosciuti a Venezia legati  alla peste. Il più curioso è senza dubbio la Corte Nova con il suo sotoportego dove si trova la Pietra Rossa della Peste. Potete trovare la sua storia e leggenda leggendo qui. Ma grande importanza e curiosità destano anche i due luoghi dove venivano ospitati i malati di peste, o coloro che erano stati a contatto con malati. Questi luoghi sono il Lazzareto Vecchio, e il Lazzareto Nuovo.

Lazzaretto Vecchio

"mappa antica lazzaretto vecchio"

Questo è un’isola situata molto vicino alla costa occidentale del Lido di Venezia, di una superficie pari a 2,53 ettari con fabbricati sviluppati per 8.400 m². Nel 1423, su consiglio di San Bernardino da Siena, il Senato della Repubblica deliberò di destinare quest’isola a ricovero di persone e merci provenienti da paesi infetti.

Inoltre si doveva provvedere per sostenere i ricoverati di vitto, medicine e assistenza. Sembra che il termine lazzaretto derivi proprio dalla chiesa di Santa Maria di Nazareth, con sovrapposizione del nome del patrono degli appestati, San Lazzaro.

Ma ben presto ci si rese conto del dover separare gli ammalati di peste, da coloro che ne erano guariti, o che erano solo eventuali casi sospetti. Ciò per permettere cure e guarigione a chi la peste l’aveva superata, e per non condannare a peste certa coloro che erano stati a contatto con infetti, e abbisognavano di un periodo di quarantena.

Dopo lunghi dibattimenti al Senato della Repubblica, venne assegnata un’altra isola a lazzaretto, dove mettere le persone di cui sopra scritto. Fu così che venne costituito il Lazzaretto Nuovo vicino all’isola di Sant’Erasmo.

Lazzaretto Nuovo

"mappa antica lazzaretto nuovo"

Il Lazzaretto Nuovo è un’isola di circa nove ettari di cui 3500 mq edificati, nella Laguna nord di Venezia. Per secoli è stata una soglia di Venezia, luogo di incontro fra culture e commerci, tecnologicamente all’avanguardia come una piccola cittadella dell’innovazione

Dalla fine dell’XI secolo l’isola divenne proprietà dei monaci benedettini di San Giorgio Maggiore che edificarono una chiesa intitolata a San Bartolomeo. La Vigna Murada era un monastero con terreni coltivati e circondato da saline.

Nel 1468 un decreto del Senato della Serenissima istituisce sull’isola un Lazzaretto con compiti di prevenzione dei contagi, detto “Novo” per distinguerlo dall’altro già esistente vicino al Lido (detto “Vecchio”), dove invece erano ricoverati i casi manifesti di peste. L’isola divenne luogo di “contumacia”. Qui i malati venivano messi in “quarantena“.

Stessa sorte toccava alle navi che arrivavano dai vari porti del Mediterraneo, sospette di essere portatrici del morbo. Per rendere idonea la struttura sanitaria furono costruiti molti edifici fra cui grandi tettoie (“teze”) per l’espurgo delle merci.

Qui fu ricoverato per 22 giorni anche Francesco Sansovino, Le persone erano talmente tante, che il Senato autorizzò anche l’utilizzo di barconi ancorati nei pressi delle due isole (Lazzaretto vecchio e nuovo), dove potevano essere sistemate (ammassate) le persone infette. Di ciò ne scrisse per l’appunto Sansovino, descrivendolo come una sorta di girone infernale.

Questa “flotta” all’occorrenza era composta da due, tremila, navi “….sembra una flotta che assedi una città di mare…”, scriveva Sansovino. Per concludere, anche la pese ha segnato, e fatto la storia di Venezia, molto di più di ciò che si possa pensare, ma spero di essere riuscito a farvi capire un pò di più di ciò che voleva dire in quell’epoca “Peste Venezia”.

"libro la venezia che non conosci"
IN VENDITA SOLO SU AMAZON LIBRI