Ponte delle Tette
Nel Sestiere di San Polo vi è un piccolo ponte, che come gli altri 436 ponti, collega le 121 isole che formano Venezia. Questo ponte non ha nulla di particolare, anzi, rispetto ad altri ponti ben più grandi e importanti, passa inosservato alla maggior parte dei turisti che vi ci transitano. Questo piccolo ponte è chiamato Ponte delle Tette e vi è un motivo ben preciso per questo nome, e una storia che ora vengo a raccontarvi.
Ponte delle Tette la sua storia
Nella Venezia del 500 il fenomeno delle “cortigiane” (prostitute) era ben tollerato dalla Repubblica della Serenissima. Come sappiamo la città era molto cosmopolita, e gli stranieri andavano e venivano numerosi, e quindi il fenomeno delle cortigiane era ben tollerato. A queste donne era permesso di esercitare in certe zone della città, ma di sera al terzo rintocco della campana dovevano ritirarsi. Pena dieci frustate per chi trasgrediva.
Pensate che secondo un censimento del 1509 in città vi erano più di 11.000 cortigiane, su di una popolazione di 170.000 abitanti. Questo perché la Venezia di un tempo era cuore pulsante di una fiorente attività commerciale. Ma era anche un centro di passaggio per commercianti, pellegrini, persone in movimento, stranieri di ogni sorta.
Molti erano quelli che arrivavano in laguna grazie all’elevato numero di preziose reliquie. Molti altri sono arrivati sulla scia delle rotte orientali per la vendita di beni di lusso. Il fenomeno della prostituzione quindi fiorì in questo ambiente puramente maschile.
Come la maggior parte delle attività, non solo era controllata dal governo della Repubblica ma era anche utilizzata come strumento per mantenere l’ordine pubblico. Ma prima di proseguire con la storia delle cortigiane a Venezia andiamo a vedere la storia del Ponte delle Tette.
Il Ponte delle Tette e le “Carampane”
Come dice il nome “Ponte delle Tette”, l’appellativo è abbastanza semplice da capire a cosa si riferisca. A Venezia infatti ogni calle, ogni campiello e ogni ponte porta un certo nome per un motivo ben preciso. Basti pensare a Calle del Frutarol (fruttivendolo), oppure Campiello del Remer (fabbricante di remi).
A questo punto è abbastanza facile dedurre il perché questo ponte fu chiamato “delle Tette”, anche se alla banale motivazione che si potrebbe arrivare a dare per logica, se ne affianca una seconda riportata dalla storia. Ovvero qui alle “prostitute” era permesso mostrare i seni, ovvero esporre “la mercanzia”, ai passanti. Ma non solo era permesso, ma incentivato dal governo.
Gli incentivi della Repubblica di Venezia
Sembra che proprio infatti, che il governo della Repubblica avesse imposto alle prostitute di mostrare i seni ai passanti per invogliarli. Questo perché l’omosessualità a Venezia era assai diffusa tra i Veneziani e il governo cercava in vari modi di contrastarla. Quindi ai tempi della Serenissima questo era un vero e proprio quartiere a luci rosse, regolamentato dal governo in modo molto preciso. Un po come succede oggi nei Paesi Bassi con il quartiere a luci rosse di Amsterdam. Insomma la nostra Venezia era “avanti” anche in questo già nel 1500, dopo la costituzione del primo ghetto al mondo, il Ghetto Ebraico che potrete leggere qui.
A dire il vero un’altra versione della storia dice che, tutta la zona delle Carampane costituisse un vero e proprio quartiere a luci rosse. In questa parte della città abbondavano le case di tolleranza, e si dice che una di queste si trovava proprio sopra al Ponte delle Tette. Le prostitute, affacciandosi alle finestre in direzione del ponte sottostante, erano solite adescare i passanti mostrando loro i seni scoperti.
Che le prostitute adescassero i loro clienti da sopra il ponte o dalle finestre adiacenti, poco importa, ciò che conta è che abbiate capito il significato del nome di questo ponte.
Il quartiere delle cortigiane
La Repubblica di Venezia riconosceva due diversi tipi di cortigiane: la cortigiana onesta, ossia la cortigiana intellettuale, e la cortigiana di lume, una cortigiana dei ceti bassi (più simile alle moderne prostitute). Queste cortigiane di “basso borgo” venivano obbligate ad abitare in un quartiere vicino a Rialto chiamato “il Castelletto” e un po’ più in là alle “Carampane”.
Come già detto alla sera, dopo la terza campana, dovevano rientrare a casa pena una multa e 10 frustate. Come pure 15 frustate era la pena per avvicinare uomini nel periodo di Natale, della Pasqua e altri giorni sacri. Non potevano frequentare le osterie e potevano girare per Venezia solo di sabato. In ogni casa c’era la “matrona”, la direttrice che teneva la contabilità e pagava le tasse.
Oltre che al “Castelletto” le meretrici avevano dimora anche dalle parti di San Cassiano ed esattamente nelle case di proprietà della nobile e antica famiglia Trapani. Da Cà Rampani il termine “vecchia carampana” per dire vecchia prostituta. La zona delle Carampane arrivava fino al ponte delle Tette.
Come detto questa era un’imposizione fatta dal governo per “distogliere gli uomini dal peccare contro natura”. Il problema della sodomia (omosessualità) era molto sentito a Venezia soprattutto nel ‘500. Ogni venerdì si riuniva il collegio dei deputati ad inquisire i sodomiti.
I medici e i barbieri, chiamati a curare qualche uomo o anche qualche donna, avevano tre giorni di tempo per denunciare all’amministrazione le loro “confidenze amorose”. Gli omosessuali venivano impiccati nelle due colonne della piazzetta di S. Marco e poi bruciati. Una terribile pratica omofoba, che per fortuna è rimasta ancorata al passato di stupidità religiose senza senso.
Corte de Ca’ Bollani
Proprio di fronte al ponte delle tette si trova questa bella e caratteristica Corte de Ca’ Bollani ovviamente anch’esso luogo di prostituzione. Essendo proprio attaccata al ponte, questa corte e le sue abitazioni erano un punto strategico per le prostitute e la loro professione. Dalle finestre potevano mettere liberamente in mostra i loro seni, e non solo. Esiste anche una storia o leggenda, non è dato da sapersi, che vedeva coinvolto un “menestrello”.
Si racconta che nel 400 a palazzo Ca’ Bollani abitasse una coppia, e di frequente sotto le loro finestre cantasse serenate un menestrello. Il marito, arrabbiatissimo, rimproverava la moglie accusandola di essere una svergognata. La cosa continuava ripetutamente. Il giovanotto inviava doni e, mentre passeggiavano, faceva grandi inchini ed ammiccamenti.
Un giorno il marito si decise ad affrontare il giovane innamorato minacciandolo se non avesse lasciato in pace la moglie. Ma il giovane, guardandolo intensamente, gli dichiarò che l’oggetto del suo interesse non era la moglie, bensì lui: il marito.
Ora la storia finisce qui, non è dato da sapersi se il marito si sia rivolto al Collegio dei deputati sopra citato, ma speriamo proprio di no. Povero menestrello, le sue note risuonavano amore in un luogo dove d’amore ve ne era ben poco, mentre abbondava ben altro.
La cortigiana più famosa di Venezia
Una delle cortigiane veneziane più famose ed ammirate fu senza dubbio Veronica Franco. La donna, nata a Venezia nel 1546 da una famiglia borghese, era nota per la sua bellezza e la sua cultura. Deve la sua grande popolarità anche alla sua cultura e soprattutto per i versi che seppe scrivere, raccolti in svariati volumi.
Fu amata da alcune delle personalità più influenti del tempo tra cui si enumera anche il Re Enrico III di Francia. Ma non è il novero dei suoi amanti a renderla importante nella nobiltà dell’epoca, quanto piuttosto il suo essere stata un’eroina del suo tempo.
Veronica Franco seppe proporre un’ideale diverso di donna e di femminilità, che difese per tutta la vita. Citando le parole di un suo scritto. « Se siamo armate e addestrate siamo in grado di convincere gli uomini che anche noi abbiamo mani, piedi e un cuore come il loro. Anche se siamo delicate e tenere, ci sono uomini delicati che possono essere anche forti e uomini volgari e violenti che sono dei codardi. Le donne non hanno ancora capito che dovrebbero comportarsi così, in questo modo riuscirebbero a combattere fino alla morte. Per dimostrare che ciò è vero, sarò la prima ad agire, ergendomi a modello.»
Comunque nella storia della Repubblica Veneziana Veronica Franco viene citata e ricordata più per le sue opere, che no per le sue “arti”. Difatti come potrete trovare in scritti informativi, essa viene citata come “poetessa italiana” nata e vissuta a Venezia, e morta precocemente all’età di 45 anni.
Le cortigiane veneziane
Come detto c’erano due categorie di cortigiane: quelle di basso rango che vivevano in casa malsane e che erano frequentate dal popolino e quelle d’alto rango. Queste ultime cortigiane erano invidiate soprattutto dalle nobildonne, schiave di mille regole, per la libertà che esse godevano e per le importanti amicizie che potevano assicurarsi.
I loro abiti erano molto eleganti, e famose erano le loro chiome biondo-rossastro. Spesso si dimenticavano di mettersi i fazzoletti da collo gialli, imposti dal Consiglio dei Dieci, perché tra i loro frequentatori non mancavano alti magistrati della Repubblica.
Le carampane invece erano meretrici di basso livello e di una certa età. Non potevano certo gareggiare con il raffinato mondo delle cortigiane del Centro, molto considerate, non solo per le prestazioni sessuali, ma anche per la preparazione culturale che possedevano.
Bene, ora quando visiterete il Ponte delle Tette sapete tutta l’antica storia delle cortigiane a Venezia. Un luogo che come molti altri possono essere annoverati tra i luoghi insoliti e segreti da vedere a Venezia.