"campo veneziano con chiesa e case intorno"
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Riva de Biasio Venezia

Riva de Biasio a Venezia è un luogo molto conosciuto. Si trova sul Canal Grande di fronte alla chiesa di San Geremia. Deve il suo nome ad un oste che qui aveva la locanda, in un periodo che le cronache vogliono essere entro il primo ventennio del Cinquecento. Una denominazione, quella della fondamenta, che è rimasta malgrado i tentativi della Serenissima di cancellarne la memoria. Ma perché la Repubblica della Serenissima avrebbe voluto cambiar nome a questa lunga fondamenta?

Riva de Biasio

Il nome di questo luogo è legato ad un certo Biagio Cargnio che sembra possedesse un’osteria-taverna in Campo San Zàn Degolà o sulla riva accanto, appunto in Riva di Biasio. Biagio Cargnio era un noto luganegher, ovvero un salsicciaio, macellaio, la cui macelleria-taverna, di era conosciuta in tutta Venezia e frequentata da molti veneziani. La sua specialità era una pietanza che spopolava in città nel ‘500: lo sguazeto alla Biagio.

Sguazeto

Lo sguazeto era un misto di carni morbidissime preparate al cosiddetto “guazzetto”. Una pietanza quasi in forma di minestra con poco brodo, inventato dai macellai del medioevo che con questo piatto sfruttavano anche i piccoli ritagli. Ovvero i resti di carne dopo la disossatura e le stesse ossa. Diciamo che era simile a uno spezzatino fatto di frataglie di carne e verdure. Una pietanza, insomma, che doveva fruttargli parecchio.

La specialità di questa ricetta era quella di essere creata con carni che si scioglievano in bocca dalla morbidezza. Questo attirava una fitta clientela non solo dall’isola ma anche dalla terraferma. Tutti andavano pazzi per lo sguazeto alla Biagio che fece la fortuna di questo macellaio.

Tutto finché, un giorno, non successe un fatto che mise alla luce quella che Biagio voleva tenere nascosto: l’origine dei suoi ingredienti di prima qualità. E spalancate bene le orecchie, o in questo caso gli occhi visto che state leggendo, perché ciò che leggerete ha dell’incredibile. 

"canale venezia con piccolo ponte"
La riva con il ponte che porta al campo di San Zan Degolà

Gli orrori di Riva de Biasio

Tutto accadde un giorno quando alcuni operai soliti frequentatori della locanda di Biagio stavano pranzando con il suo famoso sguazeto. Uno di questi, mangiando, fece una scoperta che fece inorridire tutti. Ovvero rinvenne quello che sembrava essere un ossicino rimasto nello spezzatino di carne. Ma a uno sguardo più attento, risultò essere un vero e proprio dito umano. Il pezzo duro trovato nel piatto, infatti, corrispondeva alla falange presumibilmente di un bambino. Vi si poteva notare ancora un pezzo di unghia annessa.

Il resto venne da se: denuncia di Biagio alla Quarantia Criminal, tortura, ammissione del reato, decapitazione e squartamento, e perfino casa-osteria rasa al suolo. Biasio venne trascinato con un cavallo dal carcere alla sua bottega, e qui gli furono mozzate le mani. Con queste appese al collo, l’oste fu prima torturato con delle tenaglie e poi portato in Piazza San Marco, dove fu decapitato tra le due colonne della riva. Il suo corpo, tagliato in quarti così come aveva fatto coi bambini, fu esposto su delle forche in quattro diversi luoghi della città. Come detto osteria e casa dell’uomo furono rase al suolo.

Campo San Zan Degolà

Nel Campo di San Zàn Degolà, cuore dell’omonima Contrada, pare sorgesse questa macabra osteria. Questo luogo ti appare davanti all’ultimo momento quasi sorprendendoti. Sembra proprio un gioiellino nascosto, avvolto nel portagioie delle case e dei palazzi di quella minuscola e recondita parte di Venezia. San Zàn Degolà è stata una Contrada di Venezia davvero piccola.

La si raggiunge dalla parte della Salizada del Traghetto e del Fontego dei Turchi e per Calle dei Preti, che percorrendo il Ramo, Ponte, Sottoportego, Calle, Fondamenta del Megio dove sorgeva l’omonimo Fontego. E poi le curve e controcurve delle callette buie e strette di Calle del Capitello e Calle del Spezièr.

Si raggiunge anche dall’altra parte, ossia dal Ponte di Calle Bembo. Le case intorno sembrano dipinte a pastello, e solitamente il Campo di San Zàn Degolà è sempre deserto. Luogo ideale per avere uno scorcio della Venezia insolita e sconosciuta. Incastonata sul muro esterno della chiesa è visibile un basso rilievo di testa che, secondo la tradizione, sarebbe la riproduzione della testa del Biasio posta a futura memoria.

"rielevo in marmo bianco incastonato sul muro"

La chiesetta che vi si trova è dedicata a San Giovanni Decollato. Non è facile trovare aperta questa chiesetta, ma si dice che comunque possa essere visitata. Da quanto ne sò dovrebbe essere aperta dalle 10 alle 12. La domenica dalle 8,30 alle 12, mentre il sabato dalle 17 alle 19. Verificate, e potrete visitarla.

Chiesa di San Zan Degolà

La chiesa fu innalzata ai primi dell’XI secolo dalla famiglia Venier, i quali risiedevano in un palazzo nelle vicinanze. L’edificio è uno dei rari esempi di architettura veneto-bizantina che si è conservato integro nella sua concezione di stile fino ai giorni nostri. Solo la facciata e il tozzo campanile presentano forme differenti essendo stati ricostruiti nel Settecento. L’antico campanile, ora non più presente, si trovava grossomodo al centro del campo.

L’interno è molto semplice, con copertura a carena di nave rovesciata. Le tre navate sono tra loro divise da due file da quattro preziose colonne in marmo greco con capitelli bizantini del XI secolo.

"campo venezia case colorate giallo rosa arancione"
Campo San Zan Degolà
Storie e leggende di Campo San Zegolà

Ma la storia di Riva de Biasio e dello sguazeto di Biagio Carnio non è l’unica che si racconti in questa piccola contrada. Esistono almeno altre due leggende tra gli abitanti della zona. La prima riguarda un efferato omicidio avvenuto nel 1500.

Un prete pazzoide di San Zàn Degolà uccise un certo Beneto Morosini, ferendo gravemente la compagna. Donna la quale dopo essersi ripresa accusò proprio il prete Francesco, il quale confessò il delitto dopo che sulle sue vesti venne trovato il sangue del malcapitato ucciso.

Si racconta che dopo circa un mese il prete venne condannato a morte. Dapprima portato davanti alla casa dove aveva commesso il delitto gli venne tagliata la mano destra. Fu poi condotto fino a San Marco a suon di colpi di frusta, e qui torturato e lasciato morire sofferente. Una volta morto squartato in quattro parti e appeso.

Così recita un antico scritto del Diarista Marin Sanudo nell’anno 1500.  “… In questo zorno (19 dicembre) fo exeguito la sententia del Prete amazò Ser Benedetto Morexini. Fo portato per Canal fino a Santa Croxe, et davanti la porta del morto taiatoli la man destra, e menato a coa di cavallo fino a San Marco, dove fo discopato, qual stentò assà a morir, et poi squartato in quatro parti”.

"casa gialla con finestre verdi"

La leggenda del dito di un cavaliere boemo

Un’altra leggenda tradizionale di stampo diverso risalente al tempo del Piovano Vittorio Cottario, racconta della vicenda di un Cavaliere Boemo Pellegrino verso la Terrasanta attraverso Venezia. Qui venne ricoverato in fin di vita per una malattia nell’abitazione di un certo Antonio Colonna. Questo cavaliere aveva con se un dito mozzato, che diceva essere appartenuto, a suo dire, a un uomo che indicò ai Giudei il Redentore del Mondo.

Chi fosse costui non è dato a sapersi, e sinceramente almeno io non ne capisco tale importanza. Fatto sta che questo dito venne conservato come reliquia e venerato. Su questo “Dito-Reliquia del Battista” vi è poi tutta una lunga storia su cui è meglio lasciar perdere perché alquanto confusionaria. Ma se lo desidererete potrete trovarla cliccando qui.

Bene, avete scoperto anche questa piccola contrada molto affascinante e colorata, con le sue storie e  leggende. Se amate le curiosità di Venezia, le sue leggende e i luoghi insoliti, non potrete perdervi “La Venezia che non conosci” il Libro edito da Amazon Libri.

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