"campiello con palazzo in pietra"
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Venezia Segreta e Insolita

Il Campiello e sotoportego del Forner si trovano nel sestiere di San Polo, lungo Rio Terà Secondo, non lontano dal Ponte Modena. Nonostante la sua apparente semplicità, questo luogo offre un suggestivo scorcio di una Venezia autentica e meno turistica. Proprio di fronte, potrete intravedere un’altra graziosa corte, la Corte Nova.

Il Forner

Il nome del campiello deriva dal mestiere del forner (fornaio), un’attività che, a Venezia, era ben distinta e regolamentata. L’arte del panificio era divisa tra i pistori (coloro che impastavano e modellavano il pane) e i forneri (che si occupavano di cuocere e vendere il prodotto finito).

Questa suddivisione era gestita da una corporazione cittadina, con proprie scuole di devozione e regole specifiche per ogni fase della lavorazione e della vendita del pane. Come molti altri luoghi della città, anche questo campiello prende il nome dall’attività che un tempo vi si svolgeva.

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Venezia Leggende

A questo luogo è legata l’ennesima leggenda veneziana, un racconto che ha il fascino di un mistero irrisolto. Si narra che il fornaio che lavorava il pane in questa bottega, un giorno, mentre rovesciava la farina, trovò un sacchetto di monete d’oro nascosto all’interno di un sacco.
Questo fornaio, che viveva proprio sopra la bottega, si chiamava Pietro Panada. Questi era un uomo laborioso e onesto, stimato da tutti nel sestiere per la sua dedizione al lavoro e la qualità del suo pane.

Un giorno, mentre stava impastando la farina per la sua infornata quotidiana, sentì un tintinnio insolito. Con sua grande sorpresa, frugando tra la polvere bianca, trovò un piccolo sacchetto contenente un gran numero di monete d’oro.

Un veneziano onesto

Pietro rimase sbalordito. Un tale tesoro non poteva essere stato messo lì per caso. Immediatamente, il fornaio comprese che quelle monete erano il frutto di qualche furto o di un omicidio. Senza esitare, e spinto dal suo profondo senso di onestà, decise di denunciare il ritrovamento alle autorità della Repubblica di Venezia.

Le indagini iniziarono subito, e grazie alla testimonianza del fornaio e all’esame delle monete si scoprì che le monete erano state rubate da un nobile veneziano, il quale, per occultare il bottino e le prove di un delitto commesso, le aveva nascoste all’interno di un sacco di farina, probabilmente con l’intenzione di recuperarle in un secondo momento. La farina era poi finita per errore nel forno di Pietro, e da qui sono iniziate le disgrazie per il nobile, che venne arrestato e condannato.

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La ricompensa

La Repubblica non si dimenticò dell’onestà di Pietro Panada, e per ricompensarlo della sua lealtà, il Doge e il Consiglio dei Dieci concessero al fornaio un privilegio speciale: poter esporre sul bancone, e all’esterno della bottega un’insegna con l’immagine del leone di San Marco, simbolo della Serenissima, sormontato da una corona d’oro, a ricordo dell’onesta del fornaio e di quanto fosse importante la giustizia della Repubblica.

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